Testimonianze
Stamattina, facendo colazione al bar dell'Arpia, a Spilamberto, commentavo le notizie lette su La Stampa con la mia compagna Caterina che mi diveva "Pare che ci siano parecchi articoli interessanti, vuoi restare qui mentre io vado a fare l'ispezione al mercatino dei polli?".. Ed io ribattevo: "Macchè, macchè.. tutte manfrine per difendere l'esistenza del sistema.. non c'è nulla di nuovo o d'interessante".
Eppure la ventata di speranza che ha preso a soffiare dopo il referendum ancora non si è affievolita e si sente nell'aria il desiderio forte di cambiamento.. Così mentre mi accingevo ad alzarmi mi son chiesto ad alta voce: "Chissà che non venga quel tempo di fioritura e rinnovamento che tutti aspettiamo?"
E Caterina, salendo in macchina per andare a svolgere le sue mansioni (a controllare i polli) mi rispondeva: "Speriamo di si, aspettiamo un segnale che finalmente gli italiani vogliano riprendere un po' in mano la situazione, ma troppe ne dovrebbero cambiare di cose, a cominciare da ognuno di noi!"
In effetti è così.. non possiamo sperare in un cambiamento che non sia già presente in ognuno di noi… E questo a tutti i livelli… nel senso che dovremmo iniziare a considerare l'altro come noi stessi e non più ad anteporre l'interesse egoistico nel nostro relazionarci con l'altro. Ad esempio, in chiave devozionale, Sant Kabir affermava: "Stretto è il sentiero dell'amore: in due non ci stanno!"
Ed è vero…! Il dualismo e il senso di separazione sono la causa di tutti i mali. Se non è un egoismo personale, il nostro, magari è un egoismo di casta, di religione, di razza, di cultura, di ideologia…. Siamo divisi persino fra ecologisti e bioregionalisti, quelli in Rete e quelli sul Sentiero, persino fra Vegani e Vegetariani, per via del miele e del formaggio…
Uscirne fuori?
Beh, dobbiamo brancolare nel buio della sperimentazione, dobbiamo capire noi stessi da noi stessi. In questo momento la crescita ed il cambiamento non possono più essere qualcosa che ci viene ammanita da un saggio, da un maestro, da un duce, da un potente della terra. Diceva Osho: "Non dipendere dalla luce di un altro. È persino meglio che tu brancoli nel buio, ma che almeno sia il tuo buio!"
Insomma dobbiamo partire da noi stessi.
La specie umana è in continua evoluzione e così dovremmo poter prendere coscienza che il nostro vivere si svolge in un contesto inscindibile. Di fatto è così… solo che dobbiamo capirlo e viverlo consapevolmente, prima a livello personale e poi a livello di comunità.
Per questo, a livello personale, continuo a dedicarmi, in teoria ed in pratica, a questa ricerca, occupandomi magari di erbe selvatiche, rapporto con animali e con umani.. etc. Io personalmente sono giunto, per mezzo di esperienze vissute e di considerazioni e riflessioni sugli eventi, a ritenere idoneo il percorso bioregionale e spirituale laico, argomenti che tra l'altro sono inseriti nelle finalità del nostro Circolo vegetariano, ma questo non significa che queste finalità siano "una condizione sine qua non" per partecipare al consesso.. Siamo in viaggio, e affiancati andiamo avanti sentendoci uniti nell'ascesa, nel pensiero e nell'azione evolutiva.
Ognuno può e deve prendere coscienza della necessità di riequilibrare la sua alimentazione ed il suo stile di vita non sentendosi però obbligato da una ideologia o da una spinta etica.. la maturazione deve avvenire per autoconsapevolezza ecologica e fisiologica. Infatti .. io non sono approdato al vegetarismo ed all'ecologia profonda per motivi ideologici, trovo che il superfluo nella vita non abbia senso, odio gli sprechi inutili ed il consumismo, per me la carne è semplicemente un cadavere e non ha alcun appeal alimentare..
Però capisco che questa condizione esistenziale richiede una "predisposizione" individuale ed un riavvicinamento alla propria natura originale che non può essere il risultato di una "scelta" o di un "credo" … Per questa ragione accetto indistintamente ognuno sapendo che la natura al momento opportuno e con i modi che gli sono consoni lo condurrà verso un riequilibrio.. Ho fiducia nella vita.
Paolo D'Arpini
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