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lunedì 24 maggio 2010

I: La coscienza ed il vento



--- Lun 24/5/10, Laboratorio Eudemonia <eulab@hyperlinker.com> ha scritto:

Da: Laboratorio Eudemonia <eulab@hyperlinker.com>
Oggetto: La coscienza ed il vento
A: dirittiglobali@peacelink.it
Data: Lunedì 24 maggio 2010, 09:08





Cari Super Democratici,

in molti, la quasi totalità di voi, ch'eppure siete tra i migliori al mondo, pensando che la democrazia sia qualcosa inerente il Governo di un Paese, agogna e perde tempo a far conquistare posizioni di potere al proprio schieramento. A molti, troppi, ancora sfugge la prioritaria necessità di sviluppare la propria ed altrui coscienza al fine di capire la differenza esistente tra SUDDITANZA e CITTADINANZA, solo quest'ultima essendo appunto figlia della democrazia.


Cosa ne dite del pensare alla Repubblica Italiana come ad una Multiproprietà?
Pensandola come tale, possiamo considerarci dei cittadini.
Se ancora la vediamo come un dominio del potere, rimaniamo succubi sudditi.
Sviluppiamo allora questo punto, perché è qui il passo in avanti da compiere.


I beni pubblici, le pubbliche risorse, siano esse immobiliari, finanziarie o di altro tipo, come ad esempio i ruoli, poteri e redditi della Funzione Pubblica, non sono di proprietà del Primo Ministro o del Presidente della Repubblica o di qualche altro membro di Governo od Ente che non sia infine riconducibile al popolo italiano. Gli edifici, gli immobili, le risorse finanziarie di proprietà di un Ente Pubblico, l'intera Cosa Pubblica si riconduce sempre al popolo. Se un Ente pubblico, poniamo l'INPS, pretendesse possedere in proprio gli immobili ad esso intestati, senza una riconducibilità finale, ultima, alla collettività, l'INPS smetterebbe la sua qualità di Ente Pubblico ed assumerebbe quella di ente privato.

In una Repubblica tutto ciò che è pubblico è di proprietà collettiva, comune, una res publica appunto, una cosa pubblica. I cittadini non possono accedervi direttamente, possono disporne soltanto per interposti loro delegati, ma sono comunque i possessori finali del bene pubblico.

Leggiamo lo specifico articolo della Costituzione inerente la proprietà:

"Art. 42. La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati."

Ebbene: i beni economici possono, sì, essere intitolati agli Enti Pubblici, centrali o locali, ma il proprietario finale è sempre quel popolo, cui si attribuisce addirittura la sovranità, richiamato all'Art. 1. Stessa cosa avviene per i ruoli della Funzione Pubblica, i quali forniscono sia il bene economico di un reddito immediato sia la capacità di procurarsene grazie alle competenze ed esperienze che si acquisiscono nel ricoprirli.


Ora: se il popolo è il legittimo possessore, non diretto, non immediato ma finale, ultimo possessore della Res Publica, ne deriva immediatamente il diritto alla condivisione del suo godimento. D'altro canto nella stessa Costituzione si legge:

"La Repubblica ... richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale".

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale".

con il seguente ben espresso intento:

"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

Quest'ultimo importante passo ci dice che la società italiana e la Repubblica stessa sono un divenire, sono un processo in evoluzione, che si può attuare proprio grazie alle più sensibili percezioni, agli avanzamanti di coscienza, che si guadagnano nel tempo.


Ecco perché possiamo ritenere che la Repubblica Italiana (sfera privata a parte naturalmente, la quale va rispettata quanto quella collettiva) sia una Multiproprietà. Se non lo fosse, saremmo tutti dei sudditi e non avremmo alcuna dignità di cittadini. Il senso di quest'ultimo ruolo va ancora sviluppato appieno ed è proprio questo il nostro compito, il compito dei Democratici².


Cari Democratici al cubo, non pensiamo che agire sia più importante che riflettere. Non pensiamo che il potere di delega sia più importante del potere di una personale riflessione. A volte, nel diffondere nuove idee, può sembrare di star parlando al vento. In realtà è proprio quel vento, su cui tanto si è soffiato, che ad un certo punto forma quel vortice che tutti trascina con sè. Se non vi fosse stata gente a parlare di continuo al vento, oggi vi sarebbe ancora la schiavitù, le donne non voterebbero ed un regime totalitario ancora sbarrerebbe il passo alla repubblica.

Invece a far da principale tappo al progresso, in quest'epoca di libertà d'espressione, siamo proprio noi Democratici, non avendo ancora sviluppato piena coscienza di cosa siano e come funzionino i fondamentali concetti e strumenti di democrazia, repubblica, cittadinanza. Non rimaniamo imprigionati nelle idee di scarso valore inculcateci dagli interessati sacerdoti del sapere, dai docenti universitari, dagli antidemocratici statali. E diamoci invece da fare per sviluppare appieno queste idee come già si sarebbe dovuto, padroneggiamone la sostanza, facendo avanzare la cultura.


Vi ringrazio e saluto tutti.

Ciao!


Danilo D'Antonio








































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