Il 30 e 31 ottobre 2010 all'incontro della Rete Bioregionale che si
tiene a San Severino Marche viene rilanciata la campagna per
l'agricoltura contadina, sulla quale é stata fatta una richiesta
specifica, con presentazione di 6000 firme alla Camera. Occorre
rilanciare questa proposta sia a livello istituzionale che nella
sensibilizzazione dei soggetti interessati.
(Potete consultare gli articoli sul link su questo tema:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=proposta+agricoltura+contadina)
In previsione di una discussione sul tema vorrei fare una premessa
sull'agricoltura cosidetta naturale e sul rischio rappresentato
dall'immissione di coltivazioni OGM. Oggi, per ottenere il vantaggio
di una (supposta) maggiore produzione agricola, si ricorre oltre che
ai concimi chimici ed ai pesticidi anche al metodo di modificare il
patrimonio genetico delle piante, allo scopo di: modificarne la
struttura, renderle sterili (per obbligare gli agricoltori a comprare
nuovi semi ogni anno), brevettarne la trasformazione indotta,
rivendere in tutto il mondo il prodotto così ottenuto. In realtà non
è mai stato dimostrato che le coltivazioni OGM producano maggiori
quantità di prodotti, tutt'altro....
Per contrastare il rischio di una ulteriore "industrializzazione" ed
inquinamento nella produzione agricola e per facilitare il "ritorno
alla terra" dal 20 gennaio 2009 è partita ufficialmente una nuova
campagna con raccolta di firme organizzata da Civiltà Contadina,
Consorzio della Quarantina, CIR, Antica Terra Gentile e Rete
Bioregionale Italiana per rendere possibile la rinascita della figura
del contadino e della contadina. La decisione di promuovere questa
campagna è stata presa a metà estate 2008 ed é operativa a tutti gli
effetti. Si tratta ora di cominciare ad ottenere dei risultati
concreti con la proposta di legge che rappresenta il primo passo di
questa campagna popolare. Il passo successivo, se la legge venisse
discussa ed approvata alle Camere, sarà quello di divulgarne al
massimo le modalità e gli effetti, in modo che un sempre maggior
numero di persone ritenga utile e conveniente ritornare al "lavoro
dei campi" ed alla produzione e scambio di cibo in piccola scala e sul
territorio della propria bioregione.
Resta comunque aperto il discorso sulla reale convenienza nel discorso
dell'agricoltura biologica contadina della permanenza di grosse
strutture dedicate all'allevamento di animali da macello.
La mia esperienza passata di custodia di animali erbivori mi ha
insegnato che una piccola presenza di animali può essere utile alle
coltivazioni, sia per la produzione di stabbio che per una moderata
produzione di latte... Resta il problema dell'eccedenza saltuaria dei
capi, soprattutto se maschi... ma la vita é cara a tutti gli altri
esseri viventi senza che la loro esistenza debba corrispondere ad una
"esigenza" umana, intendendo con ciò che anche gli animali hanno pari
dignità e pur comprendendo il "discorso tecnico" sulla sostenibilità
di allevamenti biologici, e sulla utilità dei prodotti di origine
animale, non me la sento di sottoscrivere un discorso sull'allevamento
prettamente funzionale e giustificato dalla compatibilità ecologica.
Vorrei che questo tipo di ragionamenti si sciogliessero al sole di una
consapevolezza più ampia, in una convivenza di uomo natura animale in
cui non debba necessariamente esserci una scala gerarchica ed un uso.
Anche se un allevamento è eco-compatibile, la parola stessa
"allevamento" -sottintendendo l'utilizzazione degli animali allevati
significa "sfruttamento". Comunque il discorso é aperto e non serve
chiudere gli occhi di fronte alla realtà dei fatti... In questo
momento la maggior parte degli uomini si ciba ancora di carne e di
derivati animali... per cui bisogna andare per gradi...
Ed a questo proposito mi piace riportare il commento del professor
Giuseppe Altieri, agroecologo battagliero: "Sono perfettamente
d'accordo sul ritorno all'agricoltura condadina, dobbiamo lasciar
vivere gli animali sui pascoli liberi, ma la realtà deve essere
cambiata un pò per volta a partire dai lagers zootecnici intensivi…
che devono essere chiusi... informando i consumatori della utilità di
diminuire drasticamente il consumo di carne... quando tutti saranno
vegetariani gli animali saranno finalmente liberi di pascolare senza
essere ammazzati, intanto facciamo massima propaganda sulla tossicità
della carne e sulla distruzione del pianeta operata dagli
"allevamenti intensivi"…. e soprattutto fermiamo gli ogm… altrimenti i
geni animali ce li metteranno dentro i vegetali… e nessuno si potrà
più salvare…"
Bene, vorrei comunque giungere ad una conclusione, in questa che é
solo un'introduzione al discorso che ci attende a San Severino Marche.
Secondo me è comprensibile che in un piccolo appezzamento agricolo vi
siano anche animali a condividere il territorio sia per questioni di
pulizia del fondo sia per la produzione di letame, etc., questi
animali dovrebbero poter vivere dei soli erbaggi e rimasugli di
cucina, in modo che la loro presenza sia realmente in sintonia con il
contadino e con il luogo. Perciò nell'appezzamento coltivato
naturalmente non dovrebbero essere ammessi allevamenti intensivi o
semi-intensivi di animali nutriti a mangime, la qual cosa
fuoriusciurebbe da una sistema ecologico di piccola agricoltura.
Alcune galline (od altri volatili) fanno le uova e va bene… può anche
capitare che ogni tanto qualche galletto in più possa essere
"sacrificato", se vi sono degli armenti come pecore e capre occorre
limitare il loro numero alle reali possibilità di loro sopravvivenza
nutrendosi con i prodotti spontanei del campo, quindi non credo che
vi sarebbero molti agnelli da macellare, forse al massimo uno o due
all'anno giusto per Pasqua come si dice… Se si attuasse questa
metodologia semplice e corretta dal punto di vista ecologico ed
alimentare, il contadino di fatto ritornerebbe ad una dieta
tradizionale mediterranea in cui la carne compare molto raramente sul
piatto e questo lo accetto….. (anche se continuo a dichiarare che se
ne può fare tranquillamente a meno e ve lo confermo essendo stato
vegetariano ed in perfetta salute dal 1973).
Non aggiungo altro e chiudo qui il discorso, per quanto mi riguarda,
inserendo questo pensiero di Rajendra Pachauri, presidente del
Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima (Ipcc), che in
un'intervista al settimanale britannico The Observer ha dichiarato che
"dovremmo tutti osservare almeno un giorno vegetariano» alla
settimana, se vogliamo contribuire con il nostro comportamento a
diminuire le emissioni di gas «di serra» nell'atmosfera".
Grazie per aver pazientemente letto sin qui.
Paolo D'Arpini
….......
Ed ora per una "par condicio" e completamento del discorso inserisco
qui il parere della Dr.ssa Caterina Regazzi, medico veterinario.
Paolo, sai che non sono d'accordo con questo discorso, un minimo di
"intensivizzazione" dell'agricoltura è necessario, non possiamo
coltivarci ognuno il proprio grano e tanto meno il proprio riso e
neanche i nostri fagioli. E' necessario che ci sia una persona di
buona volontà (possibilmente) che coltivi un sia pur piccolo
appezzamento di terreno con i diversi cereali, legumi, frutta.
Non possiamo pensare di fare tutti gli agricoltori, ci vuole anche,
per esempio, chi lavori nei trasporti, qualcuno che lavori in
edilizia, qualcuno che faccia il medico, magari naturopata, qualcuno
che faccia il dentista (ne hai avuto bisogno anche tu), il dentista a
sua volta ha bisogno di attrezzi che qualche fabbrica li deve pur
costruire, i vasi di vetro per conservare la passata di pomodoro,
seppur fatta in casa e così pure quelli per le marmellate.......
insomma ho letto tante cose e libri in cui si parla di tornare il più
possibile all'autoproduzione, ma l'autoproduzione si può attuare per
certe cose, ma non per altre, mi viene in mente la cucitura dei propri
vestiti, se uno è capace di farlo meglio per lui, ma costui (o costei)
ha comunque bisogno di aghi e fili, almeno, e stoffe e queste cose le
producono le FABBRICHE o INDUSTRIE. Il settore industriale non si
occupa solo dell'allevamento e della macellazione di animali, ma di
tanti altri settori.
Possiamo fare a meno dell'automobile, è vero, della lavatrice, del
cellulare, potremmo fare anche a meno del computer, ma facciamo a meno
dei libri? dei treni? dei vestiti? della scuola? E dato che ci saranno
delle persone che lavoreranno e lavorano in questi settori di cui
secondo me NON POSSIAMO PIù FARE A MENO qualcun altro si dovrà
occupare di produrre il cibo anche per loro.
Mettici pure di ricorrere al baratto invece che alla moneta (e quindi
eliminare anche le banche e le assicurazioni) ma i campi per essere
coltivati non solo per sé hanno bisogno di essere concimati. A cosa
pensi che servisse prevalentemente quel piccolo allevamento di bovini
(da 2 a 12 animali) che 100 anni fa e anche fino a 10 anni fa c'era in
tutti i fondi? A produrre il letame!
Sai quanti piccoli allevatori si sono rammaricati di dover chiudere le
stalle perché magari erano anziani e non ce la facevano più a stare
dietro al bestiame e tenere gli animali per la produzione del latte
era una rimessa dal punto di vista economico col latte a 30 centesimi
al litro? Ma continuavano a coltivare la terra perché credo che chi
nasce contadino difficilmente muore "non" contadino e cosa useranno
quegli agricoltori per concimare i loro terreni? (Potremo chiederlo al
prof. Benito Castorina... che viene all'incontro)
Insomma secondo me o torniamo a vivere nella foresta e a fare i
"raccoglitori" e cacciatori (ma allora dobbiamo darci al nomadismo
oppure vivere tutti all'equatore) oppure ci rassegniamo basare la
nostra alimentazione e quindi la nostra sopravvivenza (leggi: vita)
sull'agricoltura che per me non può essere disgiunta dall'allevamento.
Mi spiace di non aver avuto tempo di farti leggere il libro che sto
per finire: Il dilemma dell'onnivoro, certo non è una Bibbia, ma è,
direi,un punto di vista molto realistico e documentato.
Caterina Regazzi
Introduzione al discorso sull'agricoltura contadina - Per l'incontro
nazionale della Rete Bioregionale Italiana a San Severino Marche del
30 e 31 ottobre 2010