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lunedì 1 novembre 2010

Un esempio di spiritualità laica o "atea": U.G.

Ante Scriptum

Anni addietro mi venne l'idea di scrivere le mie memorie sugli
incontri da me fatti con donne e uomini di conoscenza, il testo
l'avevo chiamato "incontri con i santi".

Certo alcuni di questi cosiddetti "santi" appaiono come esseri umani
un po' anomali, e di difficile accettazione da parte delle masse di
cercatori tradizionali… Una di queste "persone" particolari da me
incontrate fu proprio Uppaluri Gopala Krisnamurti, detto U.G., uno
completamente fuori dal coro…

Di seguito una cernita di alcuni brani tratti dal volumetto L'inganno
della illuminazione, conversazioni di Uppaluri Gopala Krishnamurti

"Tutto quello che fate rende impossibile l'esprimersi di quanto è già
qui. Per questo io lo chiamo lo «stato naturale». Voi siete sempre in
quello stato. Quello che impedisce a ciò che è già qui di esprimersi è
proprio la ricerca. La ricerca va sempre nella direzione opposta,
perciò tutto quello che considerate veramente profondo, tutto quello
che considerate sacro, è una contaminazione di quella coscienza. Può
non piacervi la parola «contaminazione», ma tutto quello che
considerate sacro, santo e profondo è davvero una contaminazione.
Così, non c'è niente da fare. Non dipende da voi. Non mi piace usare
la parola «grazia», perché allora viene da chiedersi, «la grazia di
chi?». Non si tratta di essere prescelti; capita, non so perché. Se mi
fosse possibile, cercherei di aiutarvi. Ma questa è una cosa che non
posso darvi, perché voi già l'avete. È ridicolo chiedere una cosa che
già si possiede.

[...]

Non passo più il tempo a ricordare, preoccuparmi, concettualizzare e
compiere tutte quelle cose mentali che la gente compie quando è da
sola. La mia mente è soltanto occupata quando è necessario, ad esempio
quando fare domande, o quando io devo sistemare il registratore o cose
simili. Per il resto del tempo la mia mente si trova nello stato
«disinnestato». Naturalmente adesso ho di nuovo la memoria –
inizialmente era abolita, ora però è nuovamente presente – ma è come
qualcosa che sta dietro, che viene in superficie solo quando è
necessario, automaticamente. Quando non serve, non c'è nessuna mente,
nessun pensiero, ma solo vita.

[...]

La coscienza è talmente pura che qualunque cosa facciate per
purificarvi non fa altro che rendervi impuri. La coscienza deve
sgorgare, per così dire: deve purgarsi da ogni traccia di santità e
non-santità, da tutto quanto. Anche ciò che voi considerate
«sacrosanto» è una contaminazione in quella coscienza. Non avviene
attraverso una volontà da parte vostra; quando le barriere vengono
distrutte, non attraverso uno sforzo da parte vostra, né per mezzo
della vostra volontà, allora le chiuse si aprono e tutto scaturisce.
[...] Lo stato di coscienza separativo non funziona più; c'è sempre lo
stato di coscienza unitario, e niente può toccarlo. Qualunque cosa può
arrivare – un pensiero buono, cattivo, il numero di telefono di una
prostituta di Londra… [...] Quello che viene non ha nessuna importanza
– buono, cattivo, sacro, profano. Chi può dire: «Questo è bene; questo
è male»? – è tutto finito. Si è come ricondotti alla sorgente. Ci si
ritrova in quello stato di coscienza puro, primordiale, che potete
chiamare consapevolezza o come vi pare. In quello stato le cose
accadono, ma non c'è nessuno che ne sia interessato, che presti loro
attenzione. Vanno e vengono così, come lo scorrere delle acque del
Gange: acqua di fogna si riversa in essa, corpi mezzi cremati, cose
buone e cattive, tuttavia quell'acqua resta sempre pura" (pp. 10;
35-36; 46-48).

Ricordiamo solo che qui, quando U.G. Krishnamurti parla di "nessuna
importanza", vuole intendere quello che si voleva significare per
esempio con il termine "indifferenza" nei testi stoici antichi. Ovvero
non come – così è usata oggi questa parola – sinonimo di
menefreghismo, di secco e freddo distacco dal mondo, ma come
benevolente e accogliente apertura a tutto, egualmente a ciò che,
ancora in una prospettiva dualistica, si ritiene bene o male, buono o
cattivo, da accettare e da rifiutare. Indifferenza: cioè non fare
differenza. Nessuna importanza: cioè a ogni cosa, evento, situazione
la stessa somma importanza. Tutto è sempre molto importante.
(Selezione dei brani di Gianfranco Bertagni)


E qui potete leggere la descrizione dell'incontro che ebbi con U.G.:

Ante Scriptum
Sto cercando di rimettere in sesto e riorganizzare la memoria che ho
di Roma. Questo perché ritengo che -essendo nato e vissuto per lunghi
anni in questa città- sia doveroso per me fissarne le immagini. Non
dispongo di alcun album fotografico, solo i miei ricordi ed ovviamente
i ricordi che più facilmente vengono a galla son quelli che mi
riportano in linea con la spiritualità laica….

Mi considero fortunato di aver potuto conoscere negli anni trascorsi
alcuni dei maestri che oggi sono universalmente riconosciuti come
Mahatma ovvero i "grandi dello spirito". Di qualcuno ho già
raccontato le sensazioni vissute durante l'incontro, come ad esempio
quella volta con il 16° Karmapa, di altri debbo ancora meditare sul
significato ed il valore. Oggi vorrei però raccontare un'importante
"tete à tete" che ebbi con un "personaggio" anomalo della conoscenza,
un maestro -non maestro. Un saggio che rifiutava la saggezza come
percorso affermando che "è la vita stessa che si prende cura di
tutto, non c'è bisogno di interferire con l'intenzione di raggiungere
la conoscenza, la conoscenza è la nostra vera natura e non può essere
ottenuta attraverso processi mentali od una volontaria (ipoteticamente
volontaria) ricerca…". Insomma si trattava di un saggio che secondo i
nostri canoni potremmo chiamare "nichilista", ma anche Buddha fu
definito tale e tanti altri "conoscitori del Sé" che oggi son
rispettati come maestri dell'umanità….

L'incontro con questo "ribelle della saggezza" avvenne chiaramente
nel modo più banale possibile, nel tran tran di una normalissima
giornata a Roma, una giornata tiepida d'autunno, com'è oggi, con il
sole in cielo e la città sbrilluccicante di specchi e vetrate
riflettenti la luce. Anche Uppaluri Gopala Krishnamuti (questo il
nome canonico del "saggio") rifulge ora nella mia mente come quel
giorno di sole…..


Ecco, U.G. ( per gli amici)….

La mia sadhana (pratica spirituale) procedeva retta, vivevo a Roma,
la mia vita leggera e scandita da molteplici esperienze. Nel corso del
tempo avviai una sorta di comunione sincretica con altri cercatori
sul cammino, avevo frequentato e conosciuto tutti i gruppi che
operavano a quel tempo in città. Incontrai Baktivedanta Prabupada (il
fondatore degli Hare Krishna), Raphael Lacquiniti (fondatore
dell'Ashram Vidya), Satyananda (discepolo di Ananda Moy Ma) e
diversi altri luminari dello spirito, oltre a conoscere i vari devoti
e seguaci di Maharishi Mahesh Yogi, Guru Maharaji, Bagawan Rajneesh,
Ananda Marga, etc. ed anche vari maestri anomali e cultori di strane
sette, come i "rinomati" Bambini di Dio… etc.

Insomma facevo come Narada che andava da un ashram all'altro a cantare
i nomi del Signore (nelle varie forme) confrontandosi con i devoti di
diverse religioni, demoni e dei. Ovviamente avevo notato come ognuno
dei "religiosi" incontrati cercasse di tirare l'acqua al proprio
mulino. Quasi tutti volevano convincermi del loro credo, alcuni
arrivando a dirmi che se non avessi accettato la loro fede era
inutile che li frequentassi. Mi restavano pochi amici laici, liberi e
seriamente consapevoli dell'Unità dietro il nome la forma, una di
questi era Marisa Saetti, persona squisita che di tanto in tanto
andavo a visitare nella sua casa antica, vicino alla sede del Partito
Radicale, in pieno centro storico di Roma.

Un giorno Marisa mi disse: "Sai viene a trovarmi un Jnani (uomo di
conoscenza), che vive in Svizzera ma di tanto in tanto passa da
queste parti, si chiama Krishnamurti – ma non è quell'anti maestro dei
teosofi- è Upalluri Gopala Krishnamurti, detto U.G. uno che sta
per conto suo, sarà qui a pranzo da me domani, perché non vieni anche
tu a farci compagnia?".

Accettai l'invito e l'indomani mi ritrovai sulla grande terrazza, noi
tre soli, Marisa, U.G. ed io, come ad un incontro fra persone
qualsiasi, magari un po' borghesi. Osservavo U.G. con la coda
dell'occhio, un uomo di mezza età che poteva essere un impiegato di
Bombay, vestito come un indiano occidentalizzato, pantaloni scuri,
camicia bianca sbottonata sul collo e mi pare anche una giacca. Dopo
le presentazioni alquanto formali ognuno pareva interessato agli
affari suoi, io gironzolavo sulla terrazza, Marisa preparava il
pranzo, U.G. se ne stava seduto in silenzio. Non volevo assolutamente
affrontare alcun discorso spirituale e perciò mi guardavo bene
dall'attaccar bottone, ma con mia meraviglia mi avvidi che U.G.
sembrava ancor meno di me interessato a chiacchierare, anzi non mi
guardava nemmeno. Ad un certo momento notai persino che sparì
all'interno della casa. Memore di come fossi stato importunato in
passato da tutti quei "maestri" e discepoli incontrati, che volevano
trasmettermi i loro sublimi messaggi, restai un po' perplesso
dall'atteggiamento di Uppaluri Gopala.

Nel frattempo Marisa annunciò che il pranzo era pronto, chiedo di
lavarmi le mani e Marisa mi indica il bagno, vi entro e mi accorgo
che era già occupato da Uppaluri Gopala, mi sento un po' in imbarazzo
e faccio per uscire, vedo però che lui resta immobile, come in
catalessi… Non avevo suscitato in lui alcuna reazione, non stava
facendo nulla di speciale, era lì in piedi che guardava fissamente la
vasca da bagno… a quel punto ritorno verso il lavello e mi lavo le
mani con noncuranza, nel frattempo anch'egli sembrò uscire da quello
"stato di sconnessione" e viene a sedersi a tavola.

Pranzo molto inglese, non per il cibo -ottimo- cucinato da Marisa, ma
per l'aria distaccata di tutti noi che mangiavamo con sussiego
scambiando solo parole necessarie, tipo "vuoi ancora? – qui c'è
l'acqua, etc.". Decisamente sembrava che U.G. non volesse
"convertirmi" a nulla, la mia curiosità verso quest'insolito maestro
era stata risvegliata ma non "abbastanza" da fargli qualsivoglia
domanda "spirituale". In fondo di fronte ad un Jnani (un saggio) cosa
si può dire se non parole vuote per lui e fuorvianti per noi? Solo
anni dopo, leggendo la sua biografia mi accorsi che quello era
esattamente ciò che aveva voluto comunicarmi:

"Sto parlando? Sto dicendo qualche cosa? E' come l'ululato dello
sciacallo, l'abbaiare di un cane o il raglio di un asino. Se riuscite
a porre quello che dico allo stesso livello e sentire solo le
vibrazioni siete fuori dall'inganno e non andrete mai più a sentire
nessuno. Finito. Non si dovrebbe parlare di autorealizzazione. Voi
realizzerete che non c'è la realizzazione, questo è tutto. Non
esiste un centro, giusto c'è la vita che sta lavorando in un modo
straordinario…".

Paolo D'Arpini


.............
Altri articoli:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=uppaluri+gopala+krishnamurti

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