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Da: Nazzareno Mollicone <nmollic@tiscali.it>
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Inviato: Venerdì 25 Novembre 2011 15:43
Oggetto: Re: bello... a parte (già dal titolo) i soliti riferimenti specisti alienati - come se non se ne potesse fare a meno, come se la fantasia, l'invenzione, nell'insulto, dovesse per forza rimanere chiusa in quell'antro senza luce e maledetto (cfr. http://it.g
Da: Nazzareno Mollicone <nmollic@tiscali.it>
A: Giovanni MAGLIARO <giovanni.magliaro@ugl.it>; dott. Gianluca Strategia d'Impresa <dott.castello@email.it>; GianMario Monaldo <gianmariomonaldo@alice.it>; Benito Castorina <bcastorina@gmail.com>; Filippo Giannini <filip.giannini@tiscali.it>; roberto.terlizzi@fastwebnet.it; Roberto Di Napoli <info@studiodinapoli.it>; Roberto Cozzolino <omeoron@virgilio.it>; Massimo Pietrangeli <acquamena@massimopietrangeli.net>; Simone Camillo Marchino <simonecamillomarchino@hotmail.com>; Matteo Camillo Marchino <mcm81@hotmail.it>; Marco Tiberti <marcotiberti@europeanconsumers.it>; Alessandro d'Esposito <alexfocus@alice.it>; Ubaldo Croce <ubaldo.croce@tin.it>; clanvillano@email.it; Riccardo Villani <riccardo.villani@unilever.com>; Alfredo Villano <clanvillano@alice.it>; Luigi Pellini <luigi.pellini@virgilio.it>; Domenico Longo <laltravocemensile@alice.it>; Orazio Gnerre <the.chronicles@hotmail.it>; Gianfranco Spiezia <spiezia.gianfranco@libero.it>; La Leva Di Archimede <archimede@laleva.cc>; umbertobianchi1@gmail.com; cotbwp@tin.it; italolinza@alice.it; titto.7@fastwebnet.it; Vincenzo Mannello <vmannel@tin.it>; giuseppemagliacane@hotmail.com; fabriziobelloni@yahoo.it; luigifino@alice.it; olopsi@libero.it; maufil@alice.it; circolo.vegetariano@libero.it; Giorgio Vitali <vitali.giorgio@yahoo.it>; Joe Fallisi <flespa@tiscali.it>
Inviato: Venerdì 25 Novembre 2011 15:43
Oggetto: Re: bello... a parte (già dal titolo) i soliti riferimenti specisti alienati - come se non se ne potesse fare a meno, come se la fantasia, l'invenzione, nell'insulto, dovesse per forza rimanere chiusa in quell'antro senza luce e maledetto (cfr. http://it.g
OTTIMO E DIVERTENTE COMPONIMENTO!
LA BOVINA TRAGEDIA
Scritto da Gianluca Freda Domenica 20 Novembre 2011 22:37 Alfin giugnemmo, per ritorta via,ove l'oscura insegna si dispiegadella bolgia c'ha nom "Democrazìa".
Lo buon Maestro disse: "Spera e priega,qui ronfa e russa il popolo sovranocon sinistro fragor di motosega.
Sta sulla porta Giò Napolitano,la cui loquela induce al viaggiatoreun sì profondo sonno da divano
che nol risveglian più dal suo torporenemmanco la divina potestate,la somma sapïenza e 'l primo amore.
La giù tra l'ombre triste smozzicates'ode la mesta nenia del vegliardo.Qui si parrà la tua nobilitate!".
Io scorsi in quel budello, al primo sguardo,un omicciuol da'tratti famigliari,ch'in bolsi motti, di cui avea un migliardo,
cianciava di dilemmi monetari.Vaghe stelle de l'Orsa, non credeach'alle minchiate umane foste impàri!
Farneticava di patria europea,di bund, di spread, di bot e altra trastulla,quale il villano che del vin si bea.
E nella notte, nera come il nulla,risuona la barbosa tiriterache il volgo rintronato addorme e culla.
Ancor m'assonna ricordar qual erala solfa sul Welfàre che tutto infestasalmodiata con blàtera straniera.
Già m'assopiva, come al dì di festa,quando il mio duca, preso un grosso maglio,ruppemi l'alto sonno nella testa.
E andamm'oltre, laddove s'ode il ragliod'orde di teleutenti assomaratedal bercio dei Santori e dei Travaglio;
e i diavoli, prendendoli a pedate,li fan volar per l'aere senza stellequali colombe dal disìo chiamate.
Ma quei, lividi e pesti sulla pelledel deretano, plaudono alla suola,esultano al norcin che li macelle.
E un asino dotato di parolaragliava scipitezze in voce trista,sì che pareva un preside di scuola.
"Caduto è alfin il giogo del fascista!Destati Italia, gongola e sii lieta!Or c'è al governo un grande economista!".
Mi mosse il suo delirio a tanta piètache lo storpiai di calci ne' coglionicon la licenza del dolce poeta.
Tale è la teologia di que'montoni,la cui "Democrazìa", c'han sempre in bocca,rinuncia volontieri all'elezioni.
Additommi il Maestro un'alta roccamerlata, che maligna nel coloremuta s'ergea sovra la mandria sciocca.
Stavvi in cima l'eurocrate pastore,e reca al suo bestiame le nerbatech'al cor gentil rempaira sempre amore.
Lì ci appressammo, con larghe falcate,onde mirar da presso l'abituroda cui le genti vengon tartassate.
V'era d'intorno un fosso fondo e scuro,pien di marmaglia dal color marrone,per ch'io: "Maestro, il fetor lor m'è duro".
"Qui vedi gli empi autor del ribaltone",disse lo duca, "i sommi traditori,mutati in sterco assieme a Berluscone.
Putono in questa pozza i suoi rettori,i ministri, i lacchè, il portaborsame,le donne, i cavalier, l'arme, gli amori".
Ahi serva Italia, putrido reame!Non donna di province, non bordello,ma biologica fossa di letame!
Langueva in quel fossato di castellol'intiera alta genìa parlamentare,destra, sinistra, centro, questo e quello.
Io chiesi: "Chi è la fetida comareche sì piangente come donzellettatanto gentile e tanto onesta pare?"
Rispuose 'l duca a me: "Quella è Brunetta,che perse il posto; ma il suo piagnisteoè nulla a petto a quel di Gianni Letta.
Il quale adesso ha fama di babbeo,d'uom che sì saggio era stimato prima,ché a suo danno del golpe fu correo".
"O anime fetenti", io chiesi in rima,"dite qual colpa, pria che 'l senno io perda,in forma d'escrementi vi concima?"
Rispuosero: "Noi siamo la malerbache vi asservì all'atlantica baldracca.Uomini fummo ed or siam fatti merda".
Ed un di lor, col lembo della giacca,s'asciugava dal naso i goccioloni.Piangeva, e le sue lagrime eran cacca.
Io riconobbi in lui Bobo Maronirettor del dicastero di giustiziache i popoli padani fé terroni;
riscatto prometteva e diè tristiziad'Umberto la codarda celta prole,prostrandosi all'allogena milizia.
Olea il suo pianto non proprio di viole,così volgemmo il guardo alla nimicarocca, sovra la qual mai approda il sole.
Ci arrampicammo dunque, a gran fatica,verso l'uom che l'afflitto regno regged'in su la vetta della torre antica.
O Musa, or l'intelletto mi sorreggevacillante, acciocch'io qui raccontiquel ch'agghiacciare può ciascun che legge!
E perché i miei lettori sieno prontiall'orror che tremando metto in metrodirò che in cima io vidi Mario Monti.
Io m'attendeva invero un antro tetro,di stalattiti ticchettanti gocce,e rospi e pipistrelli sottovetro;
ma s'io avessi le rime aspre e chioccediscriver non potrei quell'uom dimessoqual pensionato al circolo di bocce.
Ei sorrideva d'un sorriso fesso,d'un ghigno lento, come alla moviola,qual è in banca il brio finto del commesso
ch'ognor rifila obbligazioni-sòla;e pure, i correntisti son felicidi lasciar vino e prender Coca-Cola.
Ei prometteva cruenti sacrificiquale un sovrano azteco o un lucumone,ed i sacrificandi eran suoi amici
e ripeteano in coro: "Bè, ha ragione".S'io potessi ritrar come assonnaroli occhi della miserrima legione
di moralisti, cui sognar fu caro,dianzi al caudillo di cui ho detto sovra,voi vedreste, oltr'al pupo, anche il puparo,
l'empio poter che i popoli manovra.Io lo vidi, in quel Duce per procura:era il Zucconi ch'esce come piovra
a rimbambir gl'intenti alla lettura,era l'Amaca squallida di Serrasu cui sonnecchia e langue la cultura,
era l'editoriale terra terradi Feltri, fermo all'era di Togliatti,era di Gad Lernèr l'urlo di guerra
ch'i teleutenti rende mentecatti;era il tabloid con Raf nel paginonee all'interno un'analisi sui fatti
di Libia, con annessa l'opinionedi Maria De Filippi immacolata;tutto il pattume dell'informazione
ch'allo stranier la strada ha già spianata;e tutt'intorno un brulicar di vermiche sanità di mente han divorata,
un demente brillìo di maxischermida cui scorrono cruente le parole:"Vexilla regis prodeunt infermi".
E acclamano gl'infermi a mille goleil rege finanziario che s'insedia,acquetati da penne tristanzuole
che da "sviluppo" pingono l'inedia.Così trascorre il loro più bel giorno.Poi il triste vespro chiude la Commedia.------------(http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=887:gianluca-freda&catid=25:politica-italiana&Itemid=44)
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